03 ottobre 2005

LEO

qualcosa di grande. grandissimo. che non ha orizzonti nemmeno tramonti. soli che scottano, nuvole che piovono e creme che profumano, pelli lisce da sfregarci il naso, unghie nere da tagliare, mani da muovere, seni da succhiare...gonne da strappare. poi cala la notte e i portici non hanno ombre da regalare, solo ripari da dare ma se non piove non resta che uscire, forzare le serrature, contare le pietre seguire le crepe...mi resta la strada di notte senza voce e una caverna senza luce, un letto senza cuscino un tappeto senza molle un lenzuolo bianco da ospedale...freddo fino all'ultimo respiro. Un lenzuolo bianco, una tenda e i miei passi da seguire. Io, nuvola che piove, tu, il mio fischio all'orecchio che non muore. Occhi lucidi e rossi senza spazio per la luce filtrano sorrisi al capezzale. pelle morta a raccogliere fili. conto le gocce che mancano al cambio dell'olio, la flebo non cala la vena non beve. mi siedo e gli stringo il pollice, l'unico che ancora ha una consistenza. è caldo il pollice. le dita sono sottili e pallide, le unghie continuano inesorabili la loro crescita così come i capelli. Chissà come si muove il male? chissà in che direzione va ora? Un polmone se lo è già mangiato, l'altro se lo sta divorando...chissà! Senza denti le sue labbra spariscono risucchiate dai respiri affannosi e il pettine tra i capelli pesa quanto una pietra. Rimane il pensiero, rimane una parete da sfondare, rimane un letto d'ospedale. non smettere di fischiare. ti guardo dormire e conto i giorni che mancano alla fine. La notte sento il tuo fischio all'orecchio quando mi caricavi in motorino all'uscita da scuola. lo sento ancora. me lo ritrovo tra le labbra ogni volta che conto le crepe, ogni volta che conto le pietre, ogni volta che provo a voltarmi, ogni volta che vengo a trovarti.