10 ottobre 2006

investito mentre in bici cercavi di attraversare la strada. schiacciato da un tir e orrendamente maciullato al suolo.
tu che mi parlavi di piccioni viaggiatori, tu ex calciatore, tu 83 anni con la passione per il gioco delle bocce.
tu e le tue scarpine forate.

09 ottobre 2006

08/10/2006

cala il sole e io corro in bici in mezzo ad una strada di campagna. la stradina è stretta...stradina infatti. il sole è ormai a letto e si vede pochissimo, conosco a memoria la strada, so a memoria dove fermarmi se per caso mi capitasse di incrociare una macchina...e infatti, detto fatto, mi fermo e aspetto. riparto e affronto l'ultimo tratto sapendo di non aver più piazzole per un km. passo la casa diroccata adesso in fase di ristrutturazione, passo la casa con la cappella privata dove un giorno di cinque anni fa trovai un pastore tedesco morto nel fosso di fronte, salto il passaggio a livello, passo il campo di girasoli, per ultima mi rimane quella casa che mille volte mi sono fermato a guardare. non ho mai capito se fosse o no abitata, ogni volta che mi fermavo e stavo per entrare venivo sempre smentito, trovavo le maniglie delle porte lucide e quello era un segno...qualcuno ci abitava nonostante il degrado di tutto il resto. le ciotole dei gatti con resti di mangiare, talvolta qualche straccio steso ma mai, mai, mai segno di vita, sempre chiuse le finestre, dalle tende nessuna luce è mai filtrata.

Proprio ieri sera nel buoi che mi circondava, da quella casa usciva una luce, finestre tutte spalancate, tre persone che entravano e uscivano e da una finestra ho visto quello che mi avrebbe fatto pensare più di tutto il contorno.

ho visto un letto di ferro, quei letti da ospedale che conosco bene...quelli che ti danno a casa quando hai un anziano che non può più muoversi e non puoi permetterti un ospizio, una casa di cura, oppure quei letti che ti accompagnano alla morte tra le tue mura per evitare di morire in un letto d'ospedale...muori in un letto d'ospedale ma tra le tue mura insomma. vedo un braccio attaccato alla spalliera del letto, il braccio tenuto come lo teneva mio nonno, con il gomito sotto la testa e la mano attaccata alla spalliera, una posizione strana, la stessa che aveva mio padre quando era all'ospedale. E' una posizione che mi sa di sofferenza. Passo con la mia bici, non mi fermo ma mi sembra di capire. le persone che vanno avanti e indietro sono abbastanza indaffarate, preoccupate.

ad un tratto quello casa ha preso vita, vita al contrario, si sono accese le luci su un letto d'ospedale...strano. io in quell'istante ho pensato a mio nonno che da un anno esatto se n'è andato, ho pensato a mio padre che non vedo mai. Su quel letto ho visto mio padre e ho sentito dentro una gran tristezza. sento di aver perso del tempo con lui, sento di perderne ancora adesso che sto qui a scrivere invece che correre da lui e starmene un po' in sua compagnia.